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Danni da Covid alla trachea, sperimentate nuove tecniche di trapianto

Una rivoluzione per l’emergenza Covid e per tutti coloro che vengono intubati o subiscono una tracheotomia, a volte eseguita in urgenza o per lungo tempo e con possibili danni al paziente: è il trapianto di trachea la nuova frontiera della chirurgia toracica ed è illustrata in occasione del XIV Pneumomeeting, che per tre giorni ha riunito a Taormina (Messina) 200 medici e specialisti pneumologi da tutto il Paese.

Finora solamente quattro i casi al mondo, tutti italiani: un 50enne in condizioni molto gravi causa Covid, un uomo di 48 anni e due ragazze tra i 20 e i 30 anni con tumore alla tiroide sceso alla trachea si sono salvati grazie a questa tecnica eseguita dall’equipe del direttore della Chirurgia toracica del Sant’Andrea di Roma Erino Rendina. Rendina è stato ospite insieme col paziente siciliano del simposio. “Tecnicamente - ha spiegato - si tratta della sostituzione dell’intera trachea con un tratto di aorta congelato proveniente da banche d’organo. I rischi consistono nell’assoluta novità di un intervento del genere: non ci sono esperienze pregresse, il 30% è stata inventiva estemporanea. I pazienti stanno bene ma devono attendere circa un anno e mezzo affinché l’aorta possa irrigidirsi così da consentire una sopravvivenza pressoché normale. Fino a questo momento devono tenere una protesi: un cilindretto di silicone che la mantiene aperta e che poi verrà rimosso». Durante il meeting sono emerse diverse criticità del Servizio sanitario nazionale.

«Sul fronte Covid serve un forte potenziamento della medicina del territorio - ha detto il direttore del Centro Prevenzione e Monitoraggio dell’insufficienza respiratoria di Giarre (Catania) Salvatore Privitera - con investimenti mirati ad una diagnosi che sia il più precoce possibile per evitare di finire in ospedale».

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