Donare la bellezza è un atto abusivo. Ma anche far di tutto per non ricevere il dono, è un modo per distruggere ciò che è bello. Ne è convinto Antonio Presti che dal 1986 – anno del suo primo processo per abusivismo – ad oggi ha sempre dovuto dar spallate alle amministrazioni per evitare che le opere d’arte della Fiumara finissero dimenticate, abbandonate o addirittura rase al suolo come richiesto per un qualsiasi scheletro urbex. Artefice di progetti impossibili, cultore di una bellezza che nasce dalla terra, outsider per costituzione, Presti è nato in quel di Messina e alla provincia è sempre rimasto legato. Ora però è stanco e sfiduciato, solitario come un re senza corona nel suo Atelier sul mare silente, a Castel di Tusa, anche se ha appena ricevuto una telefonata del presidente della Regione Renato Schifani che gli assicura che la Fiumara non solo rivivrà ma sarà anche sostenuta con una legge ad hoc.
Ma Antonio Presti per il momento ha chiuso tutto e non è detto che voglia riaprire: a maggio scorso erano arrivati i Nas che gli avevano contestato cavi elettrici e impianti non a norma, bagni da rifare. Presti si era messo di buona lena e aveva sanato il sanabile, con un bell’esborso di fondi. Ma il Comune di Tusa non l’ha autorizzato a riaprire il suo hotel colmo d’arte e quando si è arrivati al 10 luglio nel silenzio più assoluto, il mecenate ha licenziato venti dipendenti, rimandato ai mittenti le caparre per le prenotazioni estive, e si è zittito. Presti è stanco, fondi non ne ha più, pare una falena lontana dalla luce. La telefonata di Schifani gli ha fatto piacere, come anche il post sui social di Iano Monaco, presidente dell’Ordine degli architetti di Palermo, che gli ha messo a disposizione fior di professionisti per riaprire l’Atelier sul mare in tempi brevi e con tutte le dotazioni al loro posto. Ma forse non basta.
Antonio Presti cosa succede, perché il silenzio? «Stavolta mi sento ferito: è l’ennesimo percorso burocratico che tenta di distruggere ciò che invece è arte e bellezza». Nel 1986 la scultura di Pietro Consagra, la prima a nascere nella Fiumara, andò a giudizio come struttura abusiva; poi arrivarono le bombe e gli attentati, ci fu persino un arresto, un portiere che non confessò mai chi era il mandante. «La materia poteva non esserci non fu l’unica, soltanto la prima: negli anni Novanta tutte e otto le opere monumentali della Fiumara subirono lo stesso processo. Donare bellezza è un atto abusivo. Il sistema non accetta il dono e lo rigetta come arbitrario».
Quindi Antonio Presti è contro il Sistema. «Io ho fatto sempre scelte etiche e ho trovato etica nell’estetica. Non mi sono mai fermato, le bombe non arrestarono la Fiumara, la resero solo più forte. Tra le otto opere che furono dichiarate abusive, c’è anche la Finestra sul mare di Tano Festa che poi visse un lungo abbandono: per recuperarla la Fiumara organizzò la manifestazione Il rifiuto del rifiuto. Da qui nacque nel 2006 la legge regionale che istituì il Parco di Fiumara d’arte, arrivarono finanziamenti e fu avviato il restauro. Mai concluso perché nel frattempo il Comune di Mistretta fu sciolto per mafia e nel processo entrarono anche le estorsioni subite da Fiumara. Mi farebbe piacere, prima di essere del tutto rimbecillito, di vederlo completato».
Ritorniamo alla fonte: chi abbandona? Le istituzioni o la comunità? «Le amministrazioni non hanno mai amato Fiumara, la comunità non l’ha mai abbracciata, come invece avviene a Librino. L’Atelier sul mare ha reso unico e impressionante un tratto di costa, ne ha beneficiato tutta la zona: perché non lo difendete? C’è stato il controllo legittimo dei Nas, su cui assolutamente non discuto, e neanche sulle loro visure di ripristino: ho ottemperato ogni obbligo e richiesta, ma il Comune di Tusa, che aveva immediatamente deciso per la sospensione dell’attività, ha seguito un indirizzo burocratico e non una visione politica. Non abbiamo chiesto illegalità ma solo di farci riaprire. Tra rinvii e mancanza di dialogo siamo arrivati al 10 luglio senza nessuna mediazione. Potevo solo serrare e l’ho fatto. Mi sento ferito nel cuore e nell’affetto da parte del territorio che ha trovato convenienza nella mia presenza ma non la rispetta».
Presti dice che ha imparato a «ringraziare l’ingratitudine». «Antonio Presti - spiega lui - vuole rispetto e garanzia per i suoi “figli” che devono essere tutelati. L’albergo è mio figlio, io sono in lutto: non lo hanno protetto, non hanno restituito le carezze all’anima che questo figlio meritava. Ho discusso di norme burocratiche, ma nessuno mi ha abbracciato. Accetto prove eretiche ok, ma non merito coltellate. La Fiumara e l’Albergo sono opere internazionali, passare da questi martiri mi sembra banale. I sindaci della Valle dell’Halaesa devono essere padri tutelari della opere».
Anni fa un altro suo progetto doveva rivitalizzare un territorio: la valle e la foce dell’Oreto. Perso nel nulla. «Un’attività finita. Il sindaco dell’epoca Diego Cammarata, doveva istituire il Parco dell’Oreto ma il progetto morì lì».
Librino no, invece, Librino è vivo e vitale. «La Porta delle farfalle è stata abbracciata e rispettata da 20 mila persone del quartiere. Grazie a questa condivisione i grandi bassorilievi di ceramica sono diventati opere dell’universo. Librino diventerà uno dei luoghi più famosi al mondo perché sceglie la bellezza. Io amo e rispetto tutta Librino, e per tutta intendo ogni persona, ogni storia».
È arrivata la telefonata di Schifani. Anni fa Presti si legò ad un altro presidente della Regione. «Rosario Crocetta era mio amico e io da un amico non prendo soldi o finanziamenti. Renato Schifani si è impegnato con me come governo per la gestione della Fondazione e del Parco. Lo apprezzo e lo stimo, è stato un intervento inaspettato. Mi aiuterà con le altre opere della Fiumara che sono già state approvate, le sculture di Marco Bagnoli e Giancarlo Neri».
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia