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Le Eolie ricordano il «professore» Franco Scoglio, allenatore da serie A

Nato a Canneto, frazione di Lipari, dove ora è sepolto è stato il mister di tante squadre di calcio, portate al successo

Le Eolie finalmente ricordano il professore Franco Scoglio tra i più famosi eoliani d’Italia e l’unico che ha allenato in serie A.
Tre giorni di festa dall’associazione gli «Amici del Presepe» di Raffaele China e figli, in collaborazione con la giunta Gullo e la federalberghi dal titolo «I bastardi di … Scoglio».
Avrà luogo a Lipari dal 6 al 9 giugno. Tra gli ospiti l’attuale allenatore dell’Acr Messina Giacomo Modica, Domenico Roma, ds, l’attaccante Vincenzo Plescia, il centrocampista Domenico Franco e l’esterno Domenico Lia.
Scoglio morì a Genova la sua seconda casa, parlando di calcio in tv. Era nato a Canneto, borgo marinaro di Lipari il 2 maggio 1941 e morì a Genova mentre veniva intervistato dalla tv locale il 3 ottobre 2005.
Ora riposa nel cimitero della sua Canneto ove i genitori avevano la trattoria «Giallorossa» con i colori del Messina che ha allenato e portato in serie B ai tempi di Totò Schillaci. E poi anche Genova, Bologna, Udinese, Torino, Napoli, le nazionali della Libia ai tempi del figlio di Gheddafi e la Tunisia.
Laureato in pedagogia, ha insegnato educazione fisica e teoria all’Università di Messina. Per tutti era il «professore».

«Ci sono posti – ha commentato lo scrittore Stefano Borghi - in cui è considerato, ancora oggi, il miglior allenatore del mondo. Messina, Genova, Tunisi: i tre porti mitici della sua Odissea, i luoghi in cui ha piantato le radici del suo poema, finale (profetizzato) compreso. Perché davvero è morto parlando del Genoa. Anzi, ancora di più: difendendo il Genoa e attaccandone il presidente Preziosi».
A Messina, dove gli hanno intitolato lo stadio, ha preso in mano un gruppo di calciatori che apparentemente non aveva grandi potenzialità e li ha portati ad un passo dalla serie A. Li chiamava «bastardi», i «suoi bastardi», perché a nessun altro sarebbe stato permesso di attaccare un suo giocatore.
«Tra le sue massime le palle inattive e la zona sporca». «Lei, là in fondo, con quelle cuffie, la deve smettere sennò parlo ad minchiam».
Il mio calcio è fatto così: 47 per cento di tecnica, 30 per cento di condizione fisica, 23 per cento di psicologia».
A Lipari tornava sempre per ritrovare i genitori, i familiari, i tanti amici e si tuffava nel mare di Canneto davanti la sua casa. Poi è tornato per «l’ultimo viaggio». Ora tocca a Lipari intitolargli una via…

Foto notiziarioeolie.it

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