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Messina, tre condanne a 12 anni in appello per torture di migranti in Libia

La corte d’assise d’appello di Messina ha condannato a 12 anni tre carcerieri di migranti per le torture in un campo di prigionia in Libia. I migranti erano in attesa di uno dei tanti viaggi della speranza verso le coste italiane. I tre erano stati fermati a Messina nel 2019 dalla polizia su indagini della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

I giudici dell’appello hanno ridotto la condanna a 20 anni che era stata inflitta in primo grado. L’accusa aveva invece chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Sul banco degli imputati c'erano Mohamed Condè detto Suarez, della Guinea, e gli egiziani Hameda Ahmed e di Mahmoud Ashuia che dovevano rispondere a vario titolo dell’accusa di associazione finalizzata alla tratta di persone, violenza sessuale, tortura, omicidio, sequestro di persona a scopo di estorsione ma anche di tortura.

A difenderli gli avvocati Anna Aversa, Cinzia Pecoraro e Antonio Pecoraro. L’inchiesta ha raccontato le torture subite dai migranti che volevano tentare di imbarcarsi per raggiungere le coste italiane, imprigionati in un centro di prigionia in Libia collocato in una ex base militare.

L’accusa ha contestato che i migranti venivano privati della libertà e vessati per ottenere dai loro familiari il versamento di somme di denaro quale prezzo per la liberazione o per la partenza verso le coste italiane. Inoltre i migranti venivano picchiati con bastoni, calci di fucile, tubi di gomma, frustate e scariche elettriche.

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