La «mafia dei pascoli» non era finita. Continuava ad asfissiare tutti, facendo i soliti sporchi affari. E a quattro anni dalla prima maxi operazione Nebrodi, che nel gennaio del 2020 mise fine al gigantesco business delle truffe in agricoltura dei clan mafiosi tortoriciani, capaci per decenni di drenare miliardi di euro dai fondi comunitari, oggi è scattata la maxi operazione Nebrodi 2. Una nuova inchiesta con cui la Distrettuale antimafia e i carabinieri di Messina, del Ros e del comando tutela agroalimentare, i finanzieri del comando provinciale e il personale della squadra mobile della questura di Messina, hanno nuovamente puntato gli occhi sul gruppo mafioso dei Batanesi e sulla famiglia dei Bontempo Scavo. Aggiornando le loro conoscenze investigative e scardinando la nuova rete mafiosa che i gruppi avevano ricostruito lungo l'intera dorsale dei Nebrodi. Al centro della nuova indagine c'è un'ordinanza di custodia cautelare, con una serie di sequestri di beni, siglata dal gip del tribunale di Messina Eugenio Fiorentino su richiesta della Distrettuale antimafia, al termine di un'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio.
Si tratta di 37 indagati, ritenuti appartenenti alla cosiddetta famiglia mafiosa tortoriciana, con la contestazione a vario titolo di diversi reati: associazione di stampo mafioso, associazione dedita a produzione e traffico di stupefacenti, estorsioni, trasferimento fraudolento di valori, truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio, malversazioni di erogazioni pubbliche, falso.
In dettaglio, sono state eseguite 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 2 agli arresti domiciliari e 14 ordinanze interdittive della sospensione dall'esercizio di attività imprenditoriali che legittimino la presentazione di istanze di contributi comunitari o statali.
La prima maxi operazione Nebrodi risale al gennaio del 2020, e venne realizzata dalla Guardia di Finanza, dai carabinieri del Ros e del Gruppo tutela agroalimentare. Smantellò un gigantesco sistema di interessi criminali sui fondi europei che si replicava da anni nel silenzio generale. Portò all'arresto di oltre 100 persone, per 91 delle quali, il 31 ottobre del 2022, i giudici del Tribunale di Patti a conclusione del processo di primo grado hanno emesso una storica sentenza, infliggendo complessivamente oltre 600 anni di reclusione. Tra qualche settimana per questa vicenda inizierà il processo di secondo grado davanti alla corte d'appello di Messina.
La nuova indagine s'è avvalsa anche delle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, che facevano parte del gruppo mafioso dei Batanesi. Questo ha consentito di ricostruire la «nuova» esistenza di un'associazione denominata ancora una volta «famiglia tortoriciana» composta dall'articolazione del gruppo dei Bontempo Scavo e del gruppo dei Batanesi, che ancora una volta si è concentrata tra l'altro su estorsioni e truffe aggravate in agricoltura a danno dell'Unione Europea e dell'Agea.
Accanto a questo i gruppi hanno intensificato il ramo-stupefacenti. È contestata dall'accusa infatti l'esistenza di un'associazione dedita alla coltivazione, all'acquisto, alla detenzione, e al commercio di sostanza stupefacente, che è stata operativa sul versante tirrenico della Provincia di Messina, tra Tortorici, Sinagra, Capo d'Orlando e Rocca di Capri Leone. Un gruppo collegato alla famiglia dei Bontempo Scavo e al gruppo dei Batanesi.
Anche questa volta è emerso un quadro inquietante. Parecchie sono le truffe ai danni dell'Agea realizzate sia da appartenenti al gruppo dei Batanesi che a quello dei Bontempo Scavo. Hanno orientato ancora una volta la propria attività verso la percezione con modalità fraudolente di contributi comunitari, garantendosi, in tal modo, un canale di finanziamento estremamente redditizio.
Agli atti ci sono anche alcune estorsioni, per esempio quella ai danni di un'impresa calabrese impegnata nei lavori di realizzazione del metanodotto nel fiume tra Mistretta e Santo Stefano di Camastra, che sarebbe stata costretta a consegnare la somma di 4mila euro per le “feste comandate”, ovvero a Natale e Pasqua di ogni anno, a partire dal 2015 e fino al 2018. Le estorsioni erano indirizzate anche verso i privati, per accaparrarsi i terreni agricoli da destinare al pascolo.
Contestualmente all'esecuzione delle misure cautelari personali i finanzieri del Comando Provinciale e i carabinieri del Comando Tutela Agroalimentare hanno eseguito il sequestro preventivo di ben 349 titoli Agea, definiti “tossici”, ovvero acquisiti in maniera fraudolenta, e il sequestro, anche per equivalente, di somme superiori a 750mila euro, da prelevare sui conti di 8 società. Somme che sarebbero derivanti dalle truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riguardanti le campagne agricole tra il 2015 e il 2020.
Caricamento commenti
Commenta la notizia