La notizia del moltiplicarsi di esemplari di vermocane nei mari del sud Italia sta suscitando preoccupazione per i potenziali danni che la specie può arrecare alle persone e alla fauna marina. Gli impatti della crisi climatica sul Mediterraneo, del resto, sono molteplici e l’espansione di specie termofile come il vermocane ne è un indicatore chiaro. Per prevenire i danni servono più aree marine protette. Lo afferma Greenpeace.
«Il Mediterraneo sta pagando un prezzo elevato per l’effetto dei cambiamenti climatici: diventa sempre più povero con grandi stravolgimenti della sua biodiversità - dichiara Valentina di Miccoli, campagna Mare di Greenpeace Italia -. Come dimostra il nostro progetto Mare Caldo, laddove esistono misure efficaci di tutela delle nostre acque queste resistono meglio agli impatti della crisi climatica, di cui la diffusione di specie come il vermocane è una delle prove più evidenti. Per questo abbiamo bisogno di aumentare la rete di aree marine protette in Italia.
Il vermocane (Hermodice carunculata) è una specie nativa termofila, che predilige cioè temperature calde, e la sua maggiore presenza è un indicatore del cambiamento climatico. Questo anellide è un predatore generalista molto vorace che si alimenta di coralli, gorgonie, stelle marine e altre specie tipiche dei nostri mari. È lungo tra i 15-30 cm e presenta delle setole urticanti che possono provocare irritazione e sensazione di bruciore sulla pelle. Tipico delle coste ioniche, si è ormai diffuso nel Mar Mediterraneo Centrale, con diversi avvistamenti lungo il Mar Tirreno e l’Adriatico.
L’allarme è arrivato nei giorni scorsi da Milazzo dove sono le attività della seconda campagna di monitoraggio che hanno permesso di raccogliere informazioni sulla distribuzione della specie e le abitudini alimentari.
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