Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Il vermocane nel mare siciliano, per l'Istituto di Oceanografia «nessun allarme per i bagnanti, ma attenti a non toccarlo»

La presenza del verme è in aumento nel Sud Italia per il surriscaldamento dell'acqua. Disagi per i pescatori: è stata la marineria di Milazzo a lanciare l'allarme e a promuovere un progetto per il monitoraggio

Vermocane in una rete da pesca, a Milazzo

«Attualmente non c'è un allarme né per la balneazione né per quello che riguarda le attività subacquee e turistiche». Lo afferma Michela D’Alessandro, ricercatrice dell’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs, la quale ha commentato la situazione del vermocane, che ha destato tanta attenzione sui media.

L'Hermodice carunculata - spiega -, nome scientifico per il vermocane, anche detto verme di fuoco, è un verme marino carnivoro principalmente presente sui fondali rocciosi ma che si può trovare anche su sabbia e nelle praterie di Posidonia oceanica. Gli esemplari hanno una colorazione molto sgargiante e in media sono lunghi tra i 20 e 30 centimetri. Il vermocane si trova nel Mediterraneo da moltissimi anni, ma attualmente, probabilmente a causa del riscaldamento delle acque, la loro presenza è aumentata notevolmente, tanto da diventare un problema soprattutto per il comparto pesca: i pescatori infatti li trovano sempre più spesso incagliati nelle loro reti».

In caso di avvistamento, continua la ricercatrice, «nonostante i colori possano attirare l’attenzione, non vanno toccati, perché il loro corpo è ricoperto di setole che contengono tossine urticanti che possono generare dolori, bruciori, edemi, pruriti e intorpidimento». A fronte della necessaria prudenza nella valutazione della situazione è però vero, come dichiara la ricercatrice, che «la specie ha assunto un comportamento invasivo specialmente nelle acque del sud Italia, in particolare Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Al momento è importante valutare l’estensione di questo organismo, per questo l’Ogs e altri enti hanno avviato diverse campagne per le segnalazioni. Tra gli strumenti a disposizione - continua la scienziata - c'è la app di Citizen Science, AvvistApp, sviluppata dall’Ogs e scaricabile gratuitamente dai diversi store online. L’Università di Modena e Reggio Emilia porta avanti il progetto Monitoraggio Vermocane, giunto alla sua quarta edizione, per tracciare la presenza del vermocane nel mare italiano e pubblicare aggiornamenti sulla relativa pagina Facebook. Inoltre, assieme agli altri partner del progetto Worms Out abbiamo avviato un questionario on line che aiuta a raccogliere informazioni sulla percezione del problema lungo le coste italiane».

Il progetto Worms Out che coinvolge anche le Università di Modena e Reggio Emilia, di Catania e di Messina, l’Ispra, l’Area Marina Protetta di Capo Milazzo e ScubaBiology, ha l’obiettivo di raccogliere dati ecologici e biologici sul vermocane, cercare le soluzioni migliori per gestire la presenza di questa specie e contenere la sua proliferazione. È stato avviato proprio su spinta della comunità locale dei pescatori di Milazzo che si è rivolta all’ente perché gli esemplari venivano trovati nelle reti da pesca, creando problemi al pescato.

Allo stato, per il progetto, conclude D’Alessandro, «sono appena terminate le attività della seconda campagna di monitoraggio nel Golfo di Milazzo che ci hanno permesso di raccogliere informazioni sulla distribuzione della specie e le sue abitudini alimentari del vermocane. Al momento stiamo completando le analisi in laboratorio per verificare l’impatto sulla rete trofica e i dati elaborati verranno condivisi con la comunità scientifica», e sarà poi necessario «scendere in campo per testare ed eventualmente migliorare le misure di mitigazione che abbiamo sviluppato».

Nella foto vermocane in una rete da pesca, a Milazzo

Tag:

Caricamento commenti

Commenta la notizia